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Riforma Cartabia: Decreto legislativo di attuazione della delega per la riforma della giustizia penale contenuta nella L. n. 134/2021.

È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale serie Generale n. 243 del 17-10-2022 – Supplemento Ordinario n. 38 – il decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 di attuazione della delega per la riforma della giustizia penale contenuta nella Legge n. 134/2021 c.d. Riforma Cartabia. Il decreto si compone di novantanove articoli ed interviene sul codice penale, sul codice di procedura penale e sulle leggi complementari per l’efficienza del processo penale, la giustizia riparativa e la rapida definizione dei procedimenti giudiziari.

Ripercorriamo brevemente le principali novità.

Gli obiettivi della riforma sono l’accelerazione, la deflazione e la digitalizzazione del processo penale, per tale motivo viene introdotto il processo penale telematico, intervenendo su diversi aspetti, tra cui la forma degli atti e il loro deposito, che deve avvenire esclusivamente con modalità telematiche. L’intervento opera anche in materia di accesso e conservazione dei fascicoli informatici, di notificazioni, che ora possono essere effettuate anche presso il domicilio digitale, ed in tema di partecipazione a distanza, mediante collegamento audiovisivo, sia per la celebrazione di un’udienza che per il compimento di un atto.

Per perseguire l’obiettivo di accelerazione del processo penale, il decreto attuativo ha modificato la disciplina delle notificazioni, prevedendo che, per l’imputato non detenuto, le notifiche successive alla prima saranno effettuate solo mediante consegna al difensore.

L’intervento della riforma ha coinvolto anche la ridefinizione dei termini per la conclusione delle indagini preliminari, che sono stati ampliati ad un anno dall’iscrizione nel registro delle notizie di reato; a sei mesi se si tratta di una contravvenzione e ad un anno e sei mesi se si procede per i reati di cui all’art. 407 c.p.p. Inoltre, sono stati rimodulati i presupposti per la proroga delle indagini che può essere richiesta, non più per giusta causa, ma per la complessità delle indagini stesse. Infine, il secondo comma dell’art. 406 c.p.p. viene sostituito dall’inciso “la proroga non può essere autorizzata per più di una volta, né per un tempo complessivamente superiore a sei mesi”.

Importante è l’estensione delle ipotesi di citazione diretta a giudizio che introduce all’art. 550 c.p.p. una serie di fattispecie che non presentano rilevanti difficoltà di accertamento e la cui pena edittale è compresa tra i quattro e i sei anni. Al contempo, la riforma introduce un’udienza di comparizione predibattimentale per i procedimenti avanti al Tribunale in composizione monocratica.

Vengono modificati i presupposti per la richiesta di archiviazione “quando gli elementi di indagine non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna”, analoghi alla regola di giudizio per l’udienza preliminare ex art. 425 c.p.p., come recentemente riformata.

Le udienze innanzi alla Corte d’Appello e alla Corte di Cassazione si terranno in Camera di Consiglio, tuttavia, è prevista la facoltà delle parti di richiedere la trattazione orale.

Tra le novità introdotte dalla riforma, vi è uno specifico rimedio esperibile dall’indagato nel caso in cui alla perquisizione non abbia fatto seguito un sequestro e non sia esperibile il riesame: opposizione al decreto di perquisizione emesso dal Pubblico Ministero.

Il decreto legislativo, al titolo IV, Capo I, Sezione I, introduce la disciplina della giustizia riparativa, definita dall’art. 42 del decreto come “ogni programma che consente alla vittima, all’autore del reato e ad altri soggetti della comunità di partecipare liberamente, consensualmente, attivamente e volontariamente alla risoluzione delle questioni derivanti dal reato con l’aiuto di un mediatore imparziale”. Il Giudice valuterà lo svolgimento del programma e i suoi eventuali esiti, che possono essere riparativi simbolici o materiali, ai fini di cui all’art. 133 c.p., della remissione della querela e della sospensione condizionale.

La riforma si occupa anche del sistema sanzionatorio, nello specifico interviene sulle pene sostitutive di pene detentive brevi. La semilibertà e la detenzione domiciliare si applicheranno in caso di condanna alla reclusione o all’arresto non superiori a quattro anni; i lavori di pubblica utilità in caso di condanna a una pena non superiore a tre anni; la pena pecuniaria per le pene non superiori ad un anno.

Il decreto attuativo estende i presupposti per l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto ex art. 131 bis c.p.. A seguito della riforma, tale istituto si applicherà ai delitti puniti con pena non superiore nel minimo a due anni; inoltre, nel giudizio sulla particolare tenuità del fatto avrà rilievo la condotta susseguente al reato.

Infine, diversi reati diventano, ad alcune condizioni, procedibili a querela di parte, anziché d’ufficio. Lo scopo di questa modifica è incentivare, appunto, la giustizia riparativa ed accelerare i tempi della giustizia. Si parla di “condizioni” poiché, nonostante la riforma, alcune di queste fattispecie se commesse ai danni di un soggetto incapace, per età o per infermità, restano perseguibili d’ufficio.

Ad esempio, la violenza privata (art. 610 c.p.) sarà procedibile a querela di parte, eccetto il caso in cui la vittima è incapace; stesso discorso per il sequestro di persona ex art. 605 c.p.. Per il reato di furto viene estesa la procedibilità a querela anche a molte delle ipotesi aggravate, eccetto il caso di concorso di aggravanti previste all’art. 625 commi 7 e 7bis c.p. Altri reati ai quali è estesa la procedibilità a querela di parte sono la minaccia, ad eccezione del concorso di aggravanti ad effetto speciale e se commessa in danno di soggetto incapace. La procedibilità a querela per le lesioni personali viene estesa da venti a quaranta giorni di prognosi, anche in caso di recidiva, e la competenza è assegnata al Giudice di Pace. I reati di truffa e frode informatica saranno procedibili a querela di parte anche in caso di recidiva e di danno patrimoniale di rilevante entità.